Il M5* dice che vuol fare tante cose, ma allo stesso modo di altri, non ci dice mai il perché.
Non basta la semplicistica risposta che una cosa sia meglio di un'altra (anche perché tutto è relativizzabile), ma dovrebbe essere definito qual'è lo schema di valori che porta ad una soluzione.
A parte a qualche accenno all'ecologia, il M5* non si vuole collegare ad uno schema di riferimento ideologico. E neppure ne vuole fornire uno nuovo.
In questo modo, si può navigare a vista, decidere giorno per giorno cosa sia meglio, cambiare opinione rapidamente e mettere sullo stesso piano problemi gravi o con soluzione a lungo termine con quelli semplici e facilmente superabili.
Senza una linea guida di valori, tutto e il suo contrario possono starci dentro. Ci dicono che sinistra e destra non esistono più, che l'importante è migliorare la qualità di vita del posto dove viviamo (le 5 stelle, come per gli alberghi). Ma la qualità della vita è imprescindibile dai nostri valori: se siamo cattolici l'assenza del papa può essere una causa di malessere, se siamo atei magari è ragione di divertimento.
Quindi, non mi basta sapere che verrà richiesto un reddito minimo di cittadinanza, vorrei sapere anche perché.
Io so perché lo vorrei, perché secondo me dovrebbe andare a sostituire tutte lo forme di assistenza sociale. Non solo le pensioni sociali e la cassa integrazione o il sussidio di disoccupazione, ma soprattutto i lavori finti creati dai politici per attirare consenso, i lavori socialmente utili e la moltiplicazione di posti in tutti gli enti pubblici. Rendendo finalmente i cittadini liberi di scegliere i politici in base alle idee e non alla convenienza.
Ma questo ragionamento ha bisogno comunque di una base ideologica, un'idea filosofico-politica che mi porti a considerare i cittadini come persone con diritti economici oltre che quelli civili, a prescindere dalla loro collocazione sociale o appartenenza politica.
E questa è un'idea che si colloca, volenti o nolenti, a sinistra. Perchè è diversa dalla volontà della lega di perpetrare i diritti solo di una parte della popolazione su base geografica, o dall'impostazione liberista che prevede che ognuno si debba arrangiare da solo, e non è neppure simile alla posizione cattolica che prevede l'aiuto solo a chi accetta i loro valori.
L'idea di mettere insieme uguaglianza nei diritti, solidarietà sociale e aiuto soprattutto agli strati meno ricchi della popolazione è sicuramente di sinistra.
Ma c'è di più, queste idee sono collegate ad altre in uno schema che ha dei suoi punti di riferimento chiari, come la lotta sia alle mafie che al fascismo, alla democrazia anche nella scelta del leader, e così via.
Se non c'è questo schema, difficilmente raggiungerò un qualsiasi miglioramento della mia vita, perché il benessere non è la somma algebrica di singoli fattori (che me ne faccio del wi-fi gratuito se poi non ho il computer?) ma il raggiungimento complessivo di un livello superiore nella mia scala di valori.
Lettera Aperta
ViVa Pancho Grillo!!
I giornalisti si sono accorti del M5*
l'attimo prima della sua fine.
Sono tutti a domandarsi il perché del fenomeno che questo è già passato.
Proprio come uno tsunami.
Non che non possa avere ancora risultati elettorali, ma la sua rivoluzione è finita nel momento in cui è entrato da vincitore in parlamento.
Perché adesso, con l'espugnazione della capitale nemica, l'epopea eroica di quelli che combattono contro il governo centrale dei burocrati è terminata.
Ora i peones di Grillo, quelli che contano solamente uno, potranno sedersi in parlamento e diventare parte del sistema o abbandonare ancora la capitale incapaci di comprenderne il funzionamento.
Come i caballeros di Villa ed i campesinos di Zapata, guarderanno quel mondo che non è il loro e torneranno alle loro case, oppure si aggiusteranno le cravatte e si mescoleranno tra i politici di mestiere dei partiti.
A poco varrà l'aiuto di Grillo, perché di fronte a quesiti complessi le risposte da slogan rivoluzionario non bastano.
Perché le leggi non sono mai bianche o nere: dentro ai testi burocratici ci sono sempre delle limitazioni, delle esenzioni, delle distinzioni, che ne cambiano il significato originario.
Così, come dice Grillo, voteranno decidendo di volta in volta. Ma quello che Grillo non dice è che non voteranno tutti nello stesso modo.
Perché all'interno del M5*, come si è visto in Emilia (Favia contro tutti) e Piemonte (Biolè contro Bono), dove per primi sono sperimentati gli eletti del movimento, le anime del movimento sono eterogenee e spesso antitetiche.
Il fatto che persone di destra e di sinistra siano confluite insieme non vuol dire che abbiano rinunciato ai loro punti di riferimento. Di fronte a leggi complesse risponderanno più secondo la loro convinzioni che secondo direttive unitarie.
Questo fenomeno andrà via via allargandosi frantumando definitivamente il M5*, che essendo basato su un'unità di convenienza intorno al mediatico Grillo e una coesione fragile sui temi anticasta, non ha speranza di sopravvivere.
Pancho Villa entrò nella capitale messicana insieme a Zapata, fecero le foto nel palazzo presidenziale del deposto Huerta e poi dovettero abbandonare il potere al più moderato Carranza.
La gente continuò a considerare Pancho Villa un eroe, un rivoluzionario, confusionario e molto generoso ma elesse Carranza.
Il termine giusto per il fenomeno M5* l'ha scelto proprio Grillo: Tsunami.
Un'onda occasionale, imprevista, che tutto distrugge ma lascia solo rovine ed il ricordo di sé.
E già l'onda si ritira...
Sono tutti a domandarsi il perché del fenomeno che questo è già passato.
Proprio come uno tsunami.
Non che non possa avere ancora risultati elettorali, ma la sua rivoluzione è finita nel momento in cui è entrato da vincitore in parlamento.
Perché adesso, con l'espugnazione della capitale nemica, l'epopea eroica di quelli che combattono contro il governo centrale dei burocrati è terminata.
Ora i peones di Grillo, quelli che contano solamente uno, potranno sedersi in parlamento e diventare parte del sistema o abbandonare ancora la capitale incapaci di comprenderne il funzionamento.
Come i caballeros di Villa ed i campesinos di Zapata, guarderanno quel mondo che non è il loro e torneranno alle loro case, oppure si aggiusteranno le cravatte e si mescoleranno tra i politici di mestiere dei partiti.
A poco varrà l'aiuto di Grillo, perché di fronte a quesiti complessi le risposte da slogan rivoluzionario non bastano.
Perché le leggi non sono mai bianche o nere: dentro ai testi burocratici ci sono sempre delle limitazioni, delle esenzioni, delle distinzioni, che ne cambiano il significato originario.
Così, come dice Grillo, voteranno decidendo di volta in volta. Ma quello che Grillo non dice è che non voteranno tutti nello stesso modo.
Perché all'interno del M5*, come si è visto in Emilia (Favia contro tutti) e Piemonte (Biolè contro Bono), dove per primi sono sperimentati gli eletti del movimento, le anime del movimento sono eterogenee e spesso antitetiche.
Il fatto che persone di destra e di sinistra siano confluite insieme non vuol dire che abbiano rinunciato ai loro punti di riferimento. Di fronte a leggi complesse risponderanno più secondo la loro convinzioni che secondo direttive unitarie.
Questo fenomeno andrà via via allargandosi frantumando definitivamente il M5*, che essendo basato su un'unità di convenienza intorno al mediatico Grillo e una coesione fragile sui temi anticasta, non ha speranza di sopravvivere.
Pancho Villa entrò nella capitale messicana insieme a Zapata, fecero le foto nel palazzo presidenziale del deposto Huerta e poi dovettero abbandonare il potere al più moderato Carranza.
La gente continuò a considerare Pancho Villa un eroe, un rivoluzionario, confusionario e molto generoso ma elesse Carranza.
Il termine giusto per il fenomeno M5* l'ha scelto proprio Grillo: Tsunami.
Un'onda occasionale, imprevista, che tutto distrugge ma lascia solo rovine ed il ricordo di sé.
E già l'onda si ritira...
il paese dei deficienti
Gli italiani hanno tutto.
Dopo il boom economico, recuperato il disastro della guerra e proseguendo nell'accellerazione consumistica gli italiani erano giunti ad avere tutto, almeno la grandissima parte.
Ma in una società sazia l'economia non può girare.
Se hai già la casa, l'auto, il televisore, i mobili, gli armadi pieni di vestiti, le stoviglie, il cibo e l'acqua a buon prezzo, cosa si può vendere facendo alti guadagni?
Inoltre, se questa società non ha bisogno di nulla dove possono trovare impiego i lavoratori?
Se non hai più bisogno di frigoriferi non avrai bisogno di operai, ma nemmeno di imprenditori, ingengneri e pubblicitari.
Qui si innesca il metodo italico della inefficienza programmata (che definerei più propriamente deficienza).
Tutto deve esserci ma funzionare male.
Per esempio, la giustizia c'è ma non funziona, così si aumentano il numero di operatori del settore: giudici, avvocati, funzionari vari, poliziotti sono in numero impressionante, senza contare la figura emblematica degli uscieri.
E così in ogni settore: la scuola, la sanità, ma anche le strade e le autostrade, le forze armate e la politica. Sono così i nostri prodotti, specialmente quelli di moda, un altro modo per dire che non devono durare più di una stagione.
L'economia italiana è una sarabanda vorticosa fatta da un continuo aggiustare e mettere apposto ma sempre in modo incompleto spesso criminale per poter continuare ad aggiustare e mettere a posto.
Esempio emblematico è la formulazione delle leggi.
Ogni governo ne fa di nuove, ma non in modo sistematico e aderenti alle necessità reali. Le mette per poi accorgersi che ha bisogno di supplementi, emendamenti, nuovi cavilli e precisazioni. Per farlo ha bisogno di commissioni, deputati e consulenti. Possibilmente i redattori della legge non devono essere scelti tra esperti del settore di applicazione della legge, sennò la legge verrebbe scritta bene, sarebbe chiara e comprensibile a tutti.
Invece così è una pacchia. Con articoli astrusi e rimandi ad articoli di altre leggi scritte in linguaggio burocratico, per utilizzarla, i cittadini si devono affidare ad esperti, ad associazioni che forniscono consulenza, a riviste e giornali specializzati, a consulenti, avvocati e professionisti.
Il più grande problema di questo sistema è l'efficienza.
L'efficienza è pericolosissima perché blocca il sistema economico e, almeno all'inizio crea, disoccupazione. Quindi spaventa sia i nostri imprenditori sia la maggior parte dei lavoratori e soprattutto politici che diventerebbero completamente inutili.
A cosa servirebbero il sole24ore, tutti gli studi di commercialisti ed i caf se pagare le tasse fosse semplicissimo? Ma senza questi avremmo sul lastrico anche migliaia di famiglie che campano sul pagamento delle tasse e soprattutto non servirebbero più i politici che cambiano di continuo le leggi sul sistema fiscale.
Nel terrore condiviso della perdita del lavoro tutti si lamentano degli altri ma nessuno vuole che sia toccato il proprio settore.
Così anno dopo anno ci siamo assuefatti ad un sistema incapace di risolvere i problemi e dare risposte definitive. Sappiamo che una strada appena asfaltata durerà poco, giusto il tempo di una pioggia abbondante e ci va bene di comprare un bombardiere a rischio fulmini che richiederà per anni decine di avieri, ingegneri ed operai specializzati per poter volare in sicurezza.
Potremmo vivere benissimo, senza doverci amazzare di fatica e lavorando tutti meno e meglio ma preferiamo dannarci l'esistenza solo per paura di cambiare sistema.
Siamo in un paese dove manca l'efficienza ma pieno di deficienti.
Dopo il boom economico, recuperato il disastro della guerra e proseguendo nell'accellerazione consumistica gli italiani erano giunti ad avere tutto, almeno la grandissima parte.
Ma in una società sazia l'economia non può girare.
Se hai già la casa, l'auto, il televisore, i mobili, gli armadi pieni di vestiti, le stoviglie, il cibo e l'acqua a buon prezzo, cosa si può vendere facendo alti guadagni?
Inoltre, se questa società non ha bisogno di nulla dove possono trovare impiego i lavoratori?
Se non hai più bisogno di frigoriferi non avrai bisogno di operai, ma nemmeno di imprenditori, ingengneri e pubblicitari.
Qui si innesca il metodo italico della inefficienza programmata (che definerei più propriamente deficienza).
Tutto deve esserci ma funzionare male.
Per esempio, la giustizia c'è ma non funziona, così si aumentano il numero di operatori del settore: giudici, avvocati, funzionari vari, poliziotti sono in numero impressionante, senza contare la figura emblematica degli uscieri.
E così in ogni settore: la scuola, la sanità, ma anche le strade e le autostrade, le forze armate e la politica. Sono così i nostri prodotti, specialmente quelli di moda, un altro modo per dire che non devono durare più di una stagione.
L'economia italiana è una sarabanda vorticosa fatta da un continuo aggiustare e mettere apposto ma sempre in modo incompleto spesso criminale per poter continuare ad aggiustare e mettere a posto.
Esempio emblematico è la formulazione delle leggi.
Ogni governo ne fa di nuove, ma non in modo sistematico e aderenti alle necessità reali. Le mette per poi accorgersi che ha bisogno di supplementi, emendamenti, nuovi cavilli e precisazioni. Per farlo ha bisogno di commissioni, deputati e consulenti. Possibilmente i redattori della legge non devono essere scelti tra esperti del settore di applicazione della legge, sennò la legge verrebbe scritta bene, sarebbe chiara e comprensibile a tutti.
Invece così è una pacchia. Con articoli astrusi e rimandi ad articoli di altre leggi scritte in linguaggio burocratico, per utilizzarla, i cittadini si devono affidare ad esperti, ad associazioni che forniscono consulenza, a riviste e giornali specializzati, a consulenti, avvocati e professionisti.
Il più grande problema di questo sistema è l'efficienza.
L'efficienza è pericolosissima perché blocca il sistema economico e, almeno all'inizio crea, disoccupazione. Quindi spaventa sia i nostri imprenditori sia la maggior parte dei lavoratori e soprattutto politici che diventerebbero completamente inutili.
A cosa servirebbero il sole24ore, tutti gli studi di commercialisti ed i caf se pagare le tasse fosse semplicissimo? Ma senza questi avremmo sul lastrico anche migliaia di famiglie che campano sul pagamento delle tasse e soprattutto non servirebbero più i politici che cambiano di continuo le leggi sul sistema fiscale.
Nel terrore condiviso della perdita del lavoro tutti si lamentano degli altri ma nessuno vuole che sia toccato il proprio settore.
Così anno dopo anno ci siamo assuefatti ad un sistema incapace di risolvere i problemi e dare risposte definitive. Sappiamo che una strada appena asfaltata durerà poco, giusto il tempo di una pioggia abbondante e ci va bene di comprare un bombardiere a rischio fulmini che richiederà per anni decine di avieri, ingegneri ed operai specializzati per poter volare in sicurezza.
Potremmo vivere benissimo, senza doverci amazzare di fatica e lavorando tutti meno e meglio ma preferiamo dannarci l'esistenza solo per paura di cambiare sistema.
Siamo in un paese dove manca l'efficienza ma pieno di deficienti.
Giriamo pagina
Dopo anni di dibattiti, dopo le assemblee di "Abbiamo un sogno" e i tentativi delle liste civiche, anche il progetto di "Cambiare si Può" è miseramente fallito.
La motivazione profonda è che non si riescono a mettere insieme le anime della protesta e della lotta italiana.
Faccio un esempio: quando si siedono ad un tavolo i NoTav, le associazioni ambientaliste contro l'ILVA e gli operai dell'ILVA stessa non riescono a capirsi perché non sanno definire che cosa hanno in comune.
I primi lottano contro lo stato, gli ambientalisti di Taranto lottano contro una grande impresa perché non inquini, gli operai dell'ILVA lottano contro la stessa grande impresa perché non chiuda e, se possibile, aumenti i loro stipendi.
Non hanno gli stessi antagonismi, non hanno gli stessi obiettivi, l'unica cosa che gli accomuna è la sensazione di stare tutti lottando contro qualcosa, indefinibile ed indefinito, ma univoco.
Questa sensazione però non basta loro a coalizzarsi politicamente e, a parte qualche affermazione di solidarietà, ciascuno rimane nel suo ambito ristretto di lotta.
Così sono falliti tutti i progetti per costituire qualcosa che, travalicando i partiti consueti, potesse rappresentare tutte le lotte insieme (contro discariche, mafie, inquinamenti, grandi opere...).
Questo perché a tutti sfugge l'elemento comune che è la lotta tra i singoli individui (che chiamerò cittadini per semplificare) e le organizzazioni superindividuali per la definizione delle scelte che per l'interesse delle organizzazioni condizionano la vita dei cittadini stessi.
Ovvero, se ciascun cittadino ha una sua volontà questa si scontra contro volontà diverse, sia degli altri cittadini che, soprattutto, delle organizzazioni.
Normalmente questi scontri portano ad un equilibrio, specie tra gli individui, ma di fronte alle organizzazioni i cittadini sono quelli che alla fine cedono e accettano la volontà altrui.
Questo chiaro meccanismo è stato confuso dal fatto che subito prima della rivoluzione francese si pensò che non fossero le organizzazioni il problema ma il fatto che fossero gestite da autocrati, i re e i loro rappresentanti, e che tutto potesse essere risolto con il cambiamento del vertice. Un capo eletto democraticamente avrebbe fatto gli interessi dei cittadini. Questo invece, portò e porta a forme dittaturiali dello stato (con casi eclatanti come Robespierre e Napoleone).
Il caso del TAV, per non andare troppo indietro nella storia, è esemplare.
Lo stato ha deciso e i cittadini della Val Susa devono cedere la propria volontà contraria.
In seguito, visto il fallimento democratico, si formarono altre forme organizzative (il comunismo russo, il fascismo italiano, il populismo), dove si sostituiva solo il metodo di definizione di chi doveva comandare: visto che il popolo era incapace di scegliere per il meglio, qualcuno si sostituiva nella scelta per il bene dello stato, quindi dell'organizzazione. Se con la democrazia, i cittadini avevano qualche piccolo spazio di libertà d'azione, ovviamente con tutti gli altri metodi, non potevano che soccombere (con i risultati negativi che tutti conoscono).
A comoplicare ulteriormente la situazione, negli anni si sono formate delle organizzazioni economiche che funzionano come dei piccoli stati e intrecciano i loro interessi con quelli politici e statali. Le aziende multinazionali, le banche e le assicurazioni definiscono troppo spesso insieme agli stati come devono vivere i cittadini. Le leggi sull'inquinamento e l'alimentazione, il protezionismo sulle produzioni, le tasse per finanziare le spese necessarie alla loro sopravvivenza... tutto viene definito per non ridurre il potere di queste organizzazioni economiche.
A questo punto abbiamo definito una schema semplice: da una parte ci sono i cittadini, individui con una loro volontà di vivere e vivere bene ma secondo le proprie convinzioni, dall'altro ci sono delle organizzazioni che vogliono ridurre quella volontà, sia per un discutibile concetto di bene comune, sia per riprodurre e mantenere l'organizzazione stessa.
Questi cittadini da soli non possono far altro che soccombere ma uniti possono far sì che la loro volontà sia salvaguardata.
Per farlo, è necessario non delegare mai nelle scelte e vigilare e lottare perché le regole siano sempre a difesa dei singoli cittadini e non delle organizzazioni.
L'unione delle lotte quindi non deve avvenire sulla gestione delle singole lotte, come spingono a fare i partiti, ma su concetti superiori a cappello delle lotte stesse.
Per vincere contro il TAV serve a poco lottare contro il TAV ma è necessario lottare perché la legge stabilisca che le grandi opere vengano decise secondo la volontà dei cittadini, per esempio, tramite referendum.
Per vincere contro l'inquinamento dell'ILVA è necessario che la legge dia il massimo del potere a chi stia subendo un inquinamento, con strumenti veloci di blocco delle produzioni ed imposizione delle salvaguardie ai cittadini e all'ambiente.
Per vincere contro lo strapotere delle aziende (come la FIAT e l'ILVA) è necessario che le leggi a difesa dei diritti dei lavoratori, chiunque essi siano, siano effettive e applicate.
E perché queste leggi siano adottate è necessario che tutti si uniscano con l'obiettivo di creare un blocco di cittadini a difesa del cittadino contro lo strapotere delle organizzazioni.
La motivazione profonda è che non si riescono a mettere insieme le anime della protesta e della lotta italiana.
Faccio un esempio: quando si siedono ad un tavolo i NoTav, le associazioni ambientaliste contro l'ILVA e gli operai dell'ILVA stessa non riescono a capirsi perché non sanno definire che cosa hanno in comune.
I primi lottano contro lo stato, gli ambientalisti di Taranto lottano contro una grande impresa perché non inquini, gli operai dell'ILVA lottano contro la stessa grande impresa perché non chiuda e, se possibile, aumenti i loro stipendi.
Non hanno gli stessi antagonismi, non hanno gli stessi obiettivi, l'unica cosa che gli accomuna è la sensazione di stare tutti lottando contro qualcosa, indefinibile ed indefinito, ma univoco.
Questa sensazione però non basta loro a coalizzarsi politicamente e, a parte qualche affermazione di solidarietà, ciascuno rimane nel suo ambito ristretto di lotta.
Così sono falliti tutti i progetti per costituire qualcosa che, travalicando i partiti consueti, potesse rappresentare tutte le lotte insieme (contro discariche, mafie, inquinamenti, grandi opere...).
Questo perché a tutti sfugge l'elemento comune che è la lotta tra i singoli individui (che chiamerò cittadini per semplificare) e le organizzazioni superindividuali per la definizione delle scelte che per l'interesse delle organizzazioni condizionano la vita dei cittadini stessi.
Ovvero, se ciascun cittadino ha una sua volontà questa si scontra contro volontà diverse, sia degli altri cittadini che, soprattutto, delle organizzazioni.
Normalmente questi scontri portano ad un equilibrio, specie tra gli individui, ma di fronte alle organizzazioni i cittadini sono quelli che alla fine cedono e accettano la volontà altrui.
Questo chiaro meccanismo è stato confuso dal fatto che subito prima della rivoluzione francese si pensò che non fossero le organizzazioni il problema ma il fatto che fossero gestite da autocrati, i re e i loro rappresentanti, e che tutto potesse essere risolto con il cambiamento del vertice. Un capo eletto democraticamente avrebbe fatto gli interessi dei cittadini. Questo invece, portò e porta a forme dittaturiali dello stato (con casi eclatanti come Robespierre e Napoleone).
Il caso del TAV, per non andare troppo indietro nella storia, è esemplare.
Lo stato ha deciso e i cittadini della Val Susa devono cedere la propria volontà contraria.
In seguito, visto il fallimento democratico, si formarono altre forme organizzative (il comunismo russo, il fascismo italiano, il populismo), dove si sostituiva solo il metodo di definizione di chi doveva comandare: visto che il popolo era incapace di scegliere per il meglio, qualcuno si sostituiva nella scelta per il bene dello stato, quindi dell'organizzazione. Se con la democrazia, i cittadini avevano qualche piccolo spazio di libertà d'azione, ovviamente con tutti gli altri metodi, non potevano che soccombere (con i risultati negativi che tutti conoscono).
A comoplicare ulteriormente la situazione, negli anni si sono formate delle organizzazioni economiche che funzionano come dei piccoli stati e intrecciano i loro interessi con quelli politici e statali. Le aziende multinazionali, le banche e le assicurazioni definiscono troppo spesso insieme agli stati come devono vivere i cittadini. Le leggi sull'inquinamento e l'alimentazione, il protezionismo sulle produzioni, le tasse per finanziare le spese necessarie alla loro sopravvivenza... tutto viene definito per non ridurre il potere di queste organizzazioni economiche.
A questo punto abbiamo definito una schema semplice: da una parte ci sono i cittadini, individui con una loro volontà di vivere e vivere bene ma secondo le proprie convinzioni, dall'altro ci sono delle organizzazioni che vogliono ridurre quella volontà, sia per un discutibile concetto di bene comune, sia per riprodurre e mantenere l'organizzazione stessa.
Questi cittadini da soli non possono far altro che soccombere ma uniti possono far sì che la loro volontà sia salvaguardata.
Per farlo, è necessario non delegare mai nelle scelte e vigilare e lottare perché le regole siano sempre a difesa dei singoli cittadini e non delle organizzazioni.
L'unione delle lotte quindi non deve avvenire sulla gestione delle singole lotte, come spingono a fare i partiti, ma su concetti superiori a cappello delle lotte stesse.
Per vincere contro il TAV serve a poco lottare contro il TAV ma è necessario lottare perché la legge stabilisca che le grandi opere vengano decise secondo la volontà dei cittadini, per esempio, tramite referendum.
Per vincere contro l'inquinamento dell'ILVA è necessario che la legge dia il massimo del potere a chi stia subendo un inquinamento, con strumenti veloci di blocco delle produzioni ed imposizione delle salvaguardie ai cittadini e all'ambiente.
Per vincere contro lo strapotere delle aziende (come la FIAT e l'ILVA) è necessario che le leggi a difesa dei diritti dei lavoratori, chiunque essi siano, siano effettive e applicate.
E perché queste leggi siano adottate è necessario che tutti si uniscano con l'obiettivo di creare un blocco di cittadini a difesa del cittadino contro lo strapotere delle organizzazioni.
Figli di un Pantheon diverso
Sta sorgendo un movimento che non è nato ieri.
La sua storia è molto lunga, parte dal Risorgimento, dalle idee umaniste di chi lottava contro i tiranni e abbracciava i fratelli europei.
Si è alimentato con i pensieri del primo socialismo e dell'anarchia, ha letto i quaderni analitici di Gramsci e ascoltato rispettoso le parole piene di amore per la libertà e il socialismo di Pertini.
Ma non si è fermato mai, ha continuato a divorare le idee progressiste per la cultura di Don Milani, e ha pianto con il diario di Anna Frank e sperato con quelli di Arrigoni.
Ha lottato per i diritti dei più deboli e contro la xenofobia leghista, ha abbracciato la causa dell'ambiente perché è quello in cui vive e vivrà e non per mode passeggere, ha in mente le sofferenze dei popoli africani non solo quando le fanno vedere alla TV.
Questo movimento non è fatto di elettori ma di persone che si sono nutrite di idee comuni e hanno stretto tra loro pensieri antichi e modernissimi, di democrazia greca e di lotta partigiana, di manifestazioni per l'acqua e per la scuola. Delle lotte dei lavoratori per una vita dignitosa e un salario che non renda schiavi e un lavoro che non porti alla morte.
Questo movimento ha il diritto di essere rappresentato in parlamento senza essere ricattatato dai partiti che si appropriano solo delle parole ma tralasciano sempre di dare l'esempio.
E se chiedete il programma di governo, quello è chiaro:
...è la scelta per i beni comuni di tutti, e non delle cricche e delle lobby che finanziano i tesorieri di partito.
...è la scelta della solidarietà nell'economia, che non accetta il potere miope dei banchieri ed odioso degli affaristi senza scrupoli.
...è la scelta dell'educazione che non è solo scuola ma esempio e cultura del rispetto.
...è la scelta della tutela della nostra terra e della salute dei nostri cari, perché negli ospedali non ci sono mai i "malati-pazienti" ma i nostri vecchi e i nostri figli.
Ma non domandate da dove è nato questo movimento perché è sempre esistito...
...nei nostri cuori.
Appello di "Cambiare si può"
La sua storia è molto lunga, parte dal Risorgimento, dalle idee umaniste di chi lottava contro i tiranni e abbracciava i fratelli europei.
Si è alimentato con i pensieri del primo socialismo e dell'anarchia, ha letto i quaderni analitici di Gramsci e ascoltato rispettoso le parole piene di amore per la libertà e il socialismo di Pertini.
Ma non si è fermato mai, ha continuato a divorare le idee progressiste per la cultura di Don Milani, e ha pianto con il diario di Anna Frank e sperato con quelli di Arrigoni.
Ha lottato per i diritti dei più deboli e contro la xenofobia leghista, ha abbracciato la causa dell'ambiente perché è quello in cui vive e vivrà e non per mode passeggere, ha in mente le sofferenze dei popoli africani non solo quando le fanno vedere alla TV.
Questo movimento non è fatto di elettori ma di persone che si sono nutrite di idee comuni e hanno stretto tra loro pensieri antichi e modernissimi, di democrazia greca e di lotta partigiana, di manifestazioni per l'acqua e per la scuola. Delle lotte dei lavoratori per una vita dignitosa e un salario che non renda schiavi e un lavoro che non porti alla morte.
Questo movimento ha il diritto di essere rappresentato in parlamento senza essere ricattatato dai partiti che si appropriano solo delle parole ma tralasciano sempre di dare l'esempio.
E se chiedete il programma di governo, quello è chiaro:
...è la scelta per i beni comuni di tutti, e non delle cricche e delle lobby che finanziano i tesorieri di partito.
...è la scelta della solidarietà nell'economia, che non accetta il potere miope dei banchieri ed odioso degli affaristi senza scrupoli.
...è la scelta dell'educazione che non è solo scuola ma esempio e cultura del rispetto.
...è la scelta della tutela della nostra terra e della salute dei nostri cari, perché negli ospedali non ci sono mai i "malati-pazienti" ma i nostri vecchi e i nostri figli.
Ma non domandate da dove è nato questo movimento perché è sempre esistito...
...nei nostri cuori.
Appello di "Cambiare si può"
Vibr-azioni
Un brivido percorre l'Italia e non è il freddo.
Cosa succederebbe se alcune persone di spicco si unissero per cambiare l'Italia senza far uso dei partiti?
De Magistris la scorsa settimana ha delineato uno scenario nuovo, ulteriore, rispetto al vecchio schema "centrodestra-centrodicentro-centrosinistra" che già scricchiolava sotto i colpi grilleschi.
Infatti, se da destra si sente lo squillo di Montezemolo, da sinistra si eleva, per fortuna, quello di De Magistris, che aveva visto con la sua elezione la voglia di cambiamento sociale oltre che politico di molti cittadini.
Con le elezioni di Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli, sembrava veramente che fossimo di fronte ad una svolta, con il PD e le sue tediose dispute interne, messo all'angolo. Un paio di personalità non del PD, decise nel cambiamento, che uscivano fuori dall'ombra e ci raccontavano che era possibile svoltare dopo decenni di strapopotere della destra, a Milano, e dell'inciucio a Napoli.
Un movimento che aveva coinvolto tantissimi cittadini che, anche senza ordini di partito, si erano mobilitati per cambiare le loro città.
Sembrava che finalmente fosse il momento di una nuova stagione politica, anche per il PDsauro.
Poi il nulla, anzi...
Il PD in questi anni ha tentato di riappropriarsi di quello che aveva perso, non aderendo alle idee vincenti di quei sindaci ma semplicemente cercando di fagocitare Di Pietro e Vendola, e quindi De Magistris e Pisapia loro emanazioni nel locale.
E nel farlo hanno, in modo criminale proprio demolito la struttura che aveva portato alla vittoria di quei sindaci, mai accettati come proprie avvanguardie ma come temibili concorrenti.
Innanzi tutto, hanno cominciato a sfaldare e rendere possibili nuove alleanze a sinistra, mettendosi in conbutta con chi quelle elezioni le aveva perse nel modo più pesante, il famoso terzo polo, sciolto al sole come fosse ghiaccio. Così dopo pochi anni Tabacci e Ambrosoli si sono ritrovati, uno a livello nazionale ed uno a livello regionale, a lottare per la leadership del centrosinistra.
Poi, mai contenti, hanno pensato bene di appoggiare Monti nella continuazione della politica berlusconiana di demolizione delle strutture pubbliche e azzoppamento delle economie locali.
Tutto questo giocando la carta "o noi o Berlusconi", prendere o lasciare, tappatevi il naso perché altrimenti è peggio.
Il PD però aveva fatto i conti senza il Movimento 5 Stelle, che ha incominciato a macinare numeri e per ultimo De Magistris.
Cosa succederà se come ha descritto il sindaco napoletano, gli elettori di sinistra avranno la possibilità di scegliere un movimento non solo di protesta, come quello di Grillo, e per di più anti-montiano, laico, attento ai lavoratori e ai pensionati, alla scuola ed ai beni pubblici, ...oserei dire di sinistra?
Cosa succederebbe se alcune persone di spicco si unissero per cambiare l'Italia senza far uso dei partiti?
De Magistris la scorsa settimana ha delineato uno scenario nuovo, ulteriore, rispetto al vecchio schema "centrodestra-centrodicentro-centrosinistra" che già scricchiolava sotto i colpi grilleschi.
Infatti, se da destra si sente lo squillo di Montezemolo, da sinistra si eleva, per fortuna, quello di De Magistris, che aveva visto con la sua elezione la voglia di cambiamento sociale oltre che politico di molti cittadini.
Con le elezioni di Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli, sembrava veramente che fossimo di fronte ad una svolta, con il PD e le sue tediose dispute interne, messo all'angolo. Un paio di personalità non del PD, decise nel cambiamento, che uscivano fuori dall'ombra e ci raccontavano che era possibile svoltare dopo decenni di strapopotere della destra, a Milano, e dell'inciucio a Napoli.
Un movimento che aveva coinvolto tantissimi cittadini che, anche senza ordini di partito, si erano mobilitati per cambiare le loro città.
Sembrava che finalmente fosse il momento di una nuova stagione politica, anche per il PDsauro.
Poi il nulla, anzi...
Il PD in questi anni ha tentato di riappropriarsi di quello che aveva perso, non aderendo alle idee vincenti di quei sindaci ma semplicemente cercando di fagocitare Di Pietro e Vendola, e quindi De Magistris e Pisapia loro emanazioni nel locale.
E nel farlo hanno, in modo criminale proprio demolito la struttura che aveva portato alla vittoria di quei sindaci, mai accettati come proprie avvanguardie ma come temibili concorrenti.
Innanzi tutto, hanno cominciato a sfaldare e rendere possibili nuove alleanze a sinistra, mettendosi in conbutta con chi quelle elezioni le aveva perse nel modo più pesante, il famoso terzo polo, sciolto al sole come fosse ghiaccio. Così dopo pochi anni Tabacci e Ambrosoli si sono ritrovati, uno a livello nazionale ed uno a livello regionale, a lottare per la leadership del centrosinistra.
Poi, mai contenti, hanno pensato bene di appoggiare Monti nella continuazione della politica berlusconiana di demolizione delle strutture pubbliche e azzoppamento delle economie locali.
Tutto questo giocando la carta "o noi o Berlusconi", prendere o lasciare, tappatevi il naso perché altrimenti è peggio.
Il PD però aveva fatto i conti senza il Movimento 5 Stelle, che ha incominciato a macinare numeri e per ultimo De Magistris.
Cosa succederà se come ha descritto il sindaco napoletano, gli elettori di sinistra avranno la possibilità di scegliere un movimento non solo di protesta, come quello di Grillo, e per di più anti-montiano, laico, attento ai lavoratori e ai pensionati, alla scuola ed ai beni pubblici, ...oserei dire di sinistra?
Amar accord
Ai politici non piace Grillo per un motivo solo.
Non per quello che dice, anche perché molte cose sono condivisibili e portate avanti dagli stessi partiti, ma perché ha imposto di non fare alleanze, di non fare accordi con i partiti.
Questa decisione terrorizza i politici perché dall'epoca del compromesso storico qui è tutto un fiorire di accordi, di allenze trasversali di ricerca di convergenze parallele.
I politici sono abituati a mercanteggiare ogni cosa: vuoi far assumere dei lavoratori? Ok, però mi fai passare quella delibera. Vuoi far passare quella delibera? Ok allora mi assumi questi lavoratori che raccomando io.
Le leggi, i regolamenti, le scelte non avvengono mai senza contropartita.
Perché se non si da il contentino a tutti, magari quelli spifferano tutto alla stampa, si mettono a fare opposizione, e finisce tutto. Allora un colpo la cerchio ed uno alla botte, tu dai un legge a me ed io dò un finanziamento a te (o ai tuoi amici, o alla Chiesa, o ai giornali).
Lo scambio, sempre fatto sulla pelle e sulle tasse dei cittadini, ha funzionato per decenni.
Ma come si affronta uno come Grillo che vi dice da subito che non accetterà scambi?
Cosa offri ad uno che non non vuol nulla di quello che puoi promettere?
Vuoi un ministero? Una carica istituzionale? Un finanziamento? Una poltrona per la moglie o i parenti in qualche amministrazione pubblica?
Come si fà se uno non accetta questo sistema?
E di qui nasce il terrore. Qualcuno, forse, incomincia a chiedersi se allora è possibile non piegarsi, non inginocchiarsi ma andare dritti verso il proprio obiettivo, ma senza compromessi.
Forse, qualcuno incomincia a chiedere il conto.
Perché se per raggiungere il vostro obiettivo avete raggiunto un accordo, forse avete sminuito o annullato l'obiettivo stesso.
Che senso ha fermare le bombe della mafia accordandosi con parte della mafia?
Che senso ha mantenere i posti di lavoro in Puglia facendo morire gli operai e le loro famiglie a causa dell'inquinamento?
Che senso ha salvare le testate giornalistiche per aiutare la libertà di stampa grazie ai finanziamenti dello stato se per farlo si devono lasciare a Berlusconi tutte le TV e metà dei giornali?
Ma non crediate che il sistema sia finito.
Nuovi accordi sottobanco sono pronti, i partiti si stanno accordando per salvarsi le poltrone, il loro solo obiettivo.
Vi diranno però che lo fanno per voi: volete il lavoro? Volete non pagare le tasse? Volete che la Chiesa vi dia la benedizione? Volete scegliere il vostro candidato? Volete mettere una preferenza nella scheda elettorale?
Allora dovete accettare un accordino, una postilla nel contrattino con gli italiani.
Firmate qui, pagate un paio di euro e, signori "venghino", entrate anche voi nel circo di mangiafuoco.
Se poi vi accorgerete che lo spettacolo siete voi stessi, trasformati in burattini, o che la merce siete diventati voi, venduti come asini alla miglior banca mondiale offerente, non stupitevi, c'era scritto già sul cartellone dei partiti e ribadito da tutti:
"Mi ritrovo nella lettera della Bce."
Non per quello che dice, anche perché molte cose sono condivisibili e portate avanti dagli stessi partiti, ma perché ha imposto di non fare alleanze, di non fare accordi con i partiti.
Questa decisione terrorizza i politici perché dall'epoca del compromesso storico qui è tutto un fiorire di accordi, di allenze trasversali di ricerca di convergenze parallele.
I politici sono abituati a mercanteggiare ogni cosa: vuoi far assumere dei lavoratori? Ok, però mi fai passare quella delibera. Vuoi far passare quella delibera? Ok allora mi assumi questi lavoratori che raccomando io.
Le leggi, i regolamenti, le scelte non avvengono mai senza contropartita.
Perché se non si da il contentino a tutti, magari quelli spifferano tutto alla stampa, si mettono a fare opposizione, e finisce tutto. Allora un colpo la cerchio ed uno alla botte, tu dai un legge a me ed io dò un finanziamento a te (o ai tuoi amici, o alla Chiesa, o ai giornali).
Lo scambio, sempre fatto sulla pelle e sulle tasse dei cittadini, ha funzionato per decenni.
Ma come si affronta uno come Grillo che vi dice da subito che non accetterà scambi?
Cosa offri ad uno che non non vuol nulla di quello che puoi promettere?
Vuoi un ministero? Una carica istituzionale? Un finanziamento? Una poltrona per la moglie o i parenti in qualche amministrazione pubblica?
Come si fà se uno non accetta questo sistema?
E di qui nasce il terrore. Qualcuno, forse, incomincia a chiedersi se allora è possibile non piegarsi, non inginocchiarsi ma andare dritti verso il proprio obiettivo, ma senza compromessi.
Forse, qualcuno incomincia a chiedere il conto.
Perché se per raggiungere il vostro obiettivo avete raggiunto un accordo, forse avete sminuito o annullato l'obiettivo stesso.
Che senso ha fermare le bombe della mafia accordandosi con parte della mafia?
Che senso ha mantenere i posti di lavoro in Puglia facendo morire gli operai e le loro famiglie a causa dell'inquinamento?
Che senso ha salvare le testate giornalistiche per aiutare la libertà di stampa grazie ai finanziamenti dello stato se per farlo si devono lasciare a Berlusconi tutte le TV e metà dei giornali?
Ma non crediate che il sistema sia finito.
Nuovi accordi sottobanco sono pronti, i partiti si stanno accordando per salvarsi le poltrone, il loro solo obiettivo.
Vi diranno però che lo fanno per voi: volete il lavoro? Volete non pagare le tasse? Volete che la Chiesa vi dia la benedizione? Volete scegliere il vostro candidato? Volete mettere una preferenza nella scheda elettorale?
Allora dovete accettare un accordino, una postilla nel contrattino con gli italiani.
Firmate qui, pagate un paio di euro e, signori "venghino", entrate anche voi nel circo di mangiafuoco.
Se poi vi accorgerete che lo spettacolo siete voi stessi, trasformati in burattini, o che la merce siete diventati voi, venduti come asini alla miglior banca mondiale offerente, non stupitevi, c'era scritto già sul cartellone dei partiti e ribadito da tutti:
"Mi ritrovo nella lettera della Bce."
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