Il voto in cambio

Con i risultati in Sicilia si è evidenziato che il modello politico degli ultimi 20 anni è finito.
E' finito il sistema che vedeva il politico promettere qualcosa in cambio del voto, Poteva essere lavoro, anche a milioni, case popolari, a qualcuno, e appalti, alla malavita organizzata. Bastava promettere di togliere una tassa, l'ICI, per far pendere la bilancia a proprio favore. Bastava promettere lo sblocco di opere pubbliche per avere il consenso. A volte non si tratta neppure di grandi cose, specialmente a livello locale l'entratina saltuaria per un lavoretto al comune, alle poste, nella scuola, nei seggi facevano e fanno comodo agli elettori come ai politici che li gestiscono.
Per questo sistema erano però necessari i soldi. Per assumere, costruire e garantire redditi, pensioni e benefici più o meno legali, più o meno utili per il paese, ci volevano capitali ingenti.
Con questo sistema, chi non promette nulla, anzi parla di decrescita, di tagli agli sprechi e quindi licenziamenti, rimane sempre al palo. Perché a nessuno piace sentirsi dire che ha mangiato a sbafo, che quello che gli è stato dato, pur senza merito, non ci sarà più. Anatema su chi, come Cassandra dice la verità, "vade retro" a chi prospetta un sistema di uguali garanzie e accesso ai beni, magari parlando di merito, di onesta competizione di titoli e capacità.
Se questo, però, era fino a ieri adesso non è più.
I soldi pubblici, e anche privati, sono finiti.
Nessuno può più promettere nulla in più. La lotta è su chi promette di tagliare meno. Ma sempre di tagli bisogna parlare. E sono tagli pesanti, che non possono fare differenze, sono orizzontali senza sconti a nessuno.
La lotta politica quindi si gioca su chi salva di più, ma è un messaggio che non piace lo stesso. Perché nessun politico è in grado di garantire tutto a tutti. Perché vuol dire che si salva la sanità si tagliano le pensioni, se si salvaguardano gli usceri si devono licenziare i geometri. E soprattutto non si può assicurare che la mannaia salvi qualcuno. Perché molte decisioni non vengono neppure prese in Italia, ma in Europa.
Il politco ormai può promettere un mesto "speriamo che ce la caviamo". E con promesse così non si tirano fuori i voti da chi è stato lusingato per un ventennio, dopo il crollo delle ideologie, che il mondo e il proprio conto in banca era in crescita.
La prossima campagna elettorale sarà quindi giocata sul salviamo il salvabile: l'art. 18 a sinistra, l'IMU a destra, la scuola e la sanità per tutti saranno i punti di dibattito.
Chi prometterà di salvare di più, forse, vincerà le elezioni.
O forse le vincerà chi, come Grillo, non promette nulla di nuovo, dice quali sono i problemi. Li elenca tutti e per ciascuno promette un cambiamento senza dire quale e senza mai tener conto del quadro generale e del costo necessario, facendo credere alle persone che c'è una logica complessiva. E' una nuova formula di "voto in cambio", un "tana libera tutti" dei problemi: togliamo le auto blu e salviamo la sanità, togliamo gli sprechi alla sanità e salviamo la scuola, chiudiamo alcune univerità e così compriamo auto blu ma elettriche. Un circolo delle promesse senza un capo ed una coda e soprattutto senza sapere il perché delle cose, l'ennesima potenza del salviamo il salvabile.
Le ideologie sono passate, i soldi sono finiti, in cambio dei voti provate una volta a pensare al bene del paese.



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